La magia dei profumi

Conosci il potere del profumo? Considerato sacro dagli antichi, scopriamone insieme storia e antichi significati…

I profumi sono molto presenti nella vita quotidiana delle persone, basti pensare agli odori che si sprigionano nelle giornate delle diverse stagioni: i profumi dei fiori in primavera, l’odore dei camini ed il profumo delle essenze di pino ed abete in inverno, gli inebrianti aromi di un prato di camomilla tra maggio e giugno, gli odori delle spezie che usiamo in cucina ecc. 

Sin dalle epoche più antiche l’essere umano si accorse della presenza dei profumi e gli attribuì una grande importanza.

I diversi odori generano differenti reazioni nell’animo umano, influenzandone non solo l’emotività, ma persino la salute!

Basti pensare alla puzza di una carcassa di un animale morto ed andata in putrefazione, la quale può trasmettere malattie; mentre i suffumigi d’incenso puliscono l’aria dai batteri e sprigionano un aroma che distende dal nervosismo ed aiuta a concentrarsi. 

Un po’ di storia

I nostri più lontani antenati, che vivevano dell’osservazione diretta dei fenomeni, si accorsero dalle sequenze di eventi e ne fecero esperienza, arrivando infine a legare ad ogni profumo una forza generatrice di eventi. Così quando cominciarono ad identificare nella Natura la presenza di forze che definirono come divinità, ad  ognuna di esse associarono un profumo. Negli inni della religione orfica, ad esempio, troviamo la descrizione dei profumi da diffondere nell’ambiente per evocare specifiche entità. Per esempio per Urano, per il Sole, Eracle, Tethy, Apollo, Artemide, Dike, Efesto e Asclepio si usava l’incenso; per le divinità marine come Poseidone e Nereo si bruciava la mirra, la quale trasmette un odore salmastro che ricorda il mare; per chiamare Zeus si facevano suffumigi di storace; il croco per il dio Etere; aromi di stagione per alcune divinità femminili come Era, Estìa, Selene, Natura, le ninfe Nereidi, la vergine Atena ecc. 

Dal “De Agricoltura” di Catone scopriamo che i romani per evocare gli dèi diffondevano profumi di vino, libandolo sugli altari, e d’incenso ponendolo su carboni ardenti.

Gli zoroastriani ancora oggi bruciano legno di sandalo rosso per santificare il fuoco sacro, il quale emana un aroma che sia i romani che i caldei ritenevano di carattere “marziale”.

In Egitto le caste sacerdotali elaborarono un profumo ritenuto valido per tutte le divinità, considerato da essi perfino terapeutico, noto nel mondo antico con il nome di Kyphi. Questi si otteneva da ben sedici elementi aromatici, riportati da Plutarco nel suo “De Iside et Osiride”, dove ne esplica anche il modo di realizzazione: esso è stato riprodotto e reso “disponibile” in molti musei di egittologia.

Dalle tavolette micenee, scritte con una scrittura geroglifica appellata lineare B, apprendiamo che dai palazzi reali venivano inviati oli e rose nei templi, affinchè le sacerdotesse ne preparassero essenze ed unguenti per gli usi rituali.

Basterà ridare un’occhiata ad Iliade ed Odissea per verificare che i greci bruciavano foglie di alloro per Apollo, oppure che facevano suffumigi sulfurei per disinfettare e purificare gli ambienti: noto è l’ordine di Ulisse dopo l’eccidio dei principi Proci, di far venire le ancelle a bruciare lo zolfo nella sala.

Ma l’uso dei profumi per evocare gli dèi, nel mondo antico, non si limitava soltanto agli atti rituali: delle specifiche essenze ci si cospargeva il corpo, tramite oli essenziali o direttamente suffumigandosi di esse, gesti che ancora oggi si praticano in paesi dalle tradizioni antichissime, come ad esempio in India.  

Quindi chi voleva i favori di Giove si cospargeva di storace, chi ambiva conquistare una donna le offriva le rose perché profumo di Venere e si bagnava la pelle di olio di sandalo poiché profumo sacro a Marte e nel mito Venere s’innamora del dio della guerra.

Allo stesso tempo si consideravano i profumi non solo uno strumento di connessione con il mondo divino, ma specificatamente evocatorio. Così i filosofi dei templi, come ad esempio i neoplatonici, consideravano i profumi utili anche al proprio sviluppo spirituale ed al raggiungimento di un’ottima maturità interiore. Essi credevano che ogni essere umano avesse una entità interiore da coltivare per poter raggiungere la realizzazione di sé stessi. Platone la chiamava “Dàimon”, i Romani “Genius”.

Questo genio era per loro ciò che stimolava l’intelligenza d’una persona: curandolo con atti virtuosi lo si rendeva un buon Genio, con gesti cattivi lo si trasformava in una entità orrida e bassa. Questo Genio veniva individuato tramite calcoli astrologici legati all’attimo di concepimento della persona. Lo riportano alcuni autori antichi e lo verifichiamo nel gesto dell’imperatore Augusto, che quando avviò il culto del suo Genio, fece coniare monete con il simbolo del capricorno, mese astrologico in cui fu concepito, anziché quello della bilancia, mese astrologico della sua nascita. 

Una volta individuate le caratteristiche planetarie del genio, si davano i profumi da utilizzare: ad esempio chi aveva un genio mercuriale amava l’odore del mastice e doveva usarlo per nobilitarlo, chi risultava avere un genio gioviano doveva usare lo storace, chi l’aveva marziale usava il sandalo e così via.  

Dalle epoche più antiche ad oggi i profumi non sono mai passati di moda, la loro magia è rimasta intatta nel tempo, vuoi per rendersi attraenti, vuoi per fare sogni tranquilli (come spiega Plutarco in merito al Kyphi), vuoi per dedicarsi alla spiritualità, vuoi per ritrovare sé stessi.

Ancora oggi la scelta di un profumo è un atto fortemente connesso alla nostra personalità.

dott. Giuseppe Barbera (archeologo)

1 comment

Rispondi

You May Also Like